Tipologie e caratteristiche
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Una holding è una società che controlla, per mezzo delle partecipazioni o delle quote che possiede, altre società, risultando, perciò, una tipologia particolare di società che esercita un’attività direttiva nei confronti di altre imprese, delle quali detiene il controllo del capitale. Essa è il vertice di un gruppo di varie società controllate, controllo che si attua e si legittima attraverso varie modalità. Nonostante la costituzione di una holding possa spesso risultare la scelta ideale per strutturare il proprio business, molti imprenditori tendono a scartare questo tipo di soluzione in quanto spaventati dall’apparente complessità e dai costi di questa struttura. Invece, se analizzata adeguatamente nel suo complesso, la holding rivela tutto il suo potenziale, in quanto permette, innanzitutto, di trarre un importante vantaggio fiscale ed ulteriori vantaggi a livello gestionale e di pianificazione, grazie a particolari condizioni per il passaggio generazionale. Una holding societaria, cioè la costituzione di un gruppo societario, consente infatti differenti assetti e maggiore duttilità nella gestione dei flussi finanziari, che si traducono prima di tutto in un risparmio fiscale.
Si tratta di uno strumento che garantisce di pianificare fiscalmente tutta l’attività con estrema flessibilità ed attraverso il coordinamento tra più aziende, consente di gestire al meglio gli affari, da un punto di vista commerciale, industriale e finanziario. La costituzione di una holding è un’indubbia manifestazione di solidità della struttura finanziaria del gruppo. Tutto questo si manifesta in maniera positiva qualora sia necessario interfacciarsi con il sistema bancario, che potrebbe essere più propenso a finanziare una struttura affidabile, come quella di una holding.
La più comune modalità di controllo è il possesso della maggioranza di azioni o quote delle società controllate. In altri casi è possibile che venga sottoscritto un apposito contratto che sancisce la subordinazione di una società alla holding di riferimento. Infatti la caratteristica giuridicamente rilevante nell’ambito della rappresentazione economico-aziendale del gruppo di imprese è l’esistenza di un rapporto o controllo societario.
Il controllo societario, giuridicamente, può essere di diritto o di fatto:
- il controllo di diritto si ottiene quando si detiene la maggioranza dei diritti di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società, che permette l’esercizio di un’influenza dominante;
- il controllo di fatto può essere interno, se si fonda sulla disponibilità di diritti di voto sufficienti a esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di una società, o esterno, se si riesce ad esercitare un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali.
Esiste tutta una serie di tipologie possibili di holding, tra le quali una è quella indicata come holding pura.
Detta anche holding finanziaria, è una società che non produce di per sé beni o servizi, ma ha come oggetto sociale quello di partecipare in altre società operative. Questo tipo di holding è impiegato unicamente in attività di coordinamento, direzione e finanziamento.
Al contrario di quella pura, una holding mista o operativa, oltre a svolgere funzioni di organizzazione nei confronti delle partecipate, esplica anche funzioni rilevanti per la stessa attività di impresa, come per la produzione e lo scambio del prodotto.
Infatti, l’holding finanziaria che non svolga alcuna attività di produzione o di scambio di beni o servizi, viene definita “pura”, proprio per indicare come i suoi unici compiti siano il controllo e la coordinazione delle attività svolte dalle società subordinate aderenti al gruppo. Le attività di produzione o di scambio di beni e servizi vengono eventualmente praticate dalle imprese partecipate o possedute dalla holding finanziaria. Mentre una holding operativa, oltre alle funzioni di controllo e coordinazione, si occupa anche di produzione o scambio di beni e servizi. È evidente come una holding non possa essere, contemporaneamente, sia di natura finanziaria che operativa.
Un’altra tipologia è la holding capogruppo, che ha come principale caratteristica quella del possesso di quote o azioni di altre società, in una quantità tale da poter esercitare un controllo dominante su quest’ultime. Una società capogruppo può essere una holding sia di natura finanziaria che operativa, a seconda che svolga o meno attività di produzione oppure scambio di beni e servizi.
Le principali convenienze offerte da questo tipo di soluzione sono il frazionamento del rischio di impresa, che verrà distribuito tra le società controllate, e l’opportunità di effettuare ingenti finanziamenti attraverso il meccanismo delle partecipazioni a cascata. In base a questo meccanismo una società (A), la holding, controlla un’altra società (B) che a sua volta ne controlla un’altra (C) e così via. In tal senso, le società sono legate tra loro a cascata. In contrapposizione a queste ci sono le holding di investimento, società aventi per oggetto l’acquisizione di partecipazioni, al fine di ottenere redditi sotto forma di dividendi e di capital gains. Chi costituisce questo tipo di holding lo fa nell’ottica esclusiva di investimento finanziario, non è rilevante che ci sia l’esercizio del controllo economico sulle società partecipate.
Invece l’holding gestoria (spesso definita anche settoriale) è una holding che viene costituita al fine di controllare società accomunate da attività con interdipendenze strategiche. In questo modo si riuniscono business operanti in settori complementari, creando una perfetta sinergia tra loro. Anche in questo caso, in base al fatto che svolga o meno attività di produzione o scambio, la holding può essere di tipo finanziario oppure operativo.
La tipologia di holding più diffusa nel nostro Paese è, però, l’holding di famiglia. Il contesto economico italiano è da sempre caratterizzato dall’impronta familiare, con i relativi vantaggi e svantaggi. Si intuisce già dal nome come questa sia una holding controllata da componenti di una stessa famiglia. Nel caso italiano assume prevalentemente la forma giuridica di una società in accomandita per azioni oppure a responsabilità limitata.
Nei gruppi di più grandi dimensioni, l’attività di holding può essere esercitata anche tramite una o più sub-holding. Si tratta di società che rappresentano un’ulteriore schermo tra la proprietà e le società operative in business diversificati, perché si interpongono tra la società capogruppo e le società controllate operanti in business del medesimo settore. Si tratta quasi sempre di holding di tipo finanziario, utilizzate al posto di quelle di natura gestoria o settoriale.
Una holding si costituisce per atto pubblico ed è fondamentale scegliere la forma giuridica (società di persone o società di capitali) ed il modello di governance secondo cui strutturarla.
Una holding potrà avere la veste giuridica di:
- Società semplice;
- Società in nome collettivo;
- Società in accomandita semplice;
- Società a responsabilità limitata;
- Società per azioni;
- Società in accomandita per azioni.
La scelta della veste giuridica condiziona direttamente anche i costi relativi alla sua costituzione oltre che i costi derivanti dalla stesura dello statuto aziendale.
Pur con differenze di Paese in Paese, vi sono degli obblighi generali e generici richiesti necessariamente per la costituzione di una holding.
I più diffusi nelle varie giurisdizioni sono:
- Obbligo della redazione di uno Statuto e della scelta del codice Ateco (cioè il codice di appartenenza ad una determinata categoria);
- Possesso da parte della società capogruppo del 50% e più dei diritti di voto nelle sue controllate;
- La società capogruppo (madre) deve essere membro della controllata con diritto di nominare e rimuovere la maggioranza dei membri della società figlia;
- in base a specifici accordi con gli altri azionisti, la società capogruppo dovrà controllare la maggioranza dei diritti di voto nell’assemblea della controllata.
Non esistono obblighi circa la scelta della denominazione della società, che viene lasciata alla discrezionalità l’appellativo holding non viene richiesto obbligatoriamente, tuttavia è consigliato per una maggiore chiarezza verso eventuali stakeholders. Naturalmente, come per una qualsiasi società di capitali, è necessaria la redazione di uno statuto e la scelta di un codice d’attività, ed in alcuni Paesi si stanno producendo norme per “vincolare”, con alcune direzioni obbligatorie, Statuto ed oggetto sociale.
Vantaggi
Uno dei vantaggi correlati alla scelta della holding, per un gruppo societario, è quello di poter ridurre il rischio di impresa. Ogni società del gruppo è, infatti, giuridicamente un soggetto indipendente e risponde con il solo proprio capitale, non coinvolgendo direttamente quello in capo alla holding.
Perciò, per ridurre il rischio d’impresa, si crea una società immobiliare o una holding di partecipazioni del gruppo in cui sono conferiti gli immobili, gli eventuali intangibles assets detenuti (come marchi e brevetti) e le partecipazioni nelle società operative. In questo modo, le proprietà immobiliari e i beni immateriali vengono tenuti distinti dall’attività operativa, che per sua natura è soggetta al rischio di impresa. Non solo per poter fare tutto questo è necessario per il gruppo costituire una società holding, ma può anche risultare una valida e conveniente soluzione per proteggere il proprio patrimonio familiare, gestire il passaggio generazionale all’interno della famiglia, gestire i legami ed i flussi finanziari tra la proprietà e l’impresa e, infine, ridurre il carico fiscale.
Indubbiamente, il più grande vantaggio di una holding è quello di non assumersi direttamente rischi imprenditoriali. Le parti operative dei suoi business sono a se’ stanti, gestiti dalle società controllate, nelle quali la holding ha solo quote di capitale.
In essa, quindi, confluiscono soltanto gli utili dei vari business portati avanti dalle controllate (una sorta di salvadanaio per l’imprenditore che la utilizza).
Altri vantaggi, certamente non secondari, derivanti dalla costituzione di una holding sono fiscali, quali:
- la possibilità di sfruttare il regime della Participation Exemption (PEX);
- la possibilità di godere del consolidato fiscale o dell’Iva di gruppo;
- lo sfruttamento della tassazione agevolata sui dividendi;
e inoltre
- l’opportunità di ricorrere ai finanziamenti infragruppo.
La Participation Exemptionè un regime fiscale disciplinato dall’articolo 87 del DPR n.917/86 ed è chiamata PEX, o delle plusvalenze esenti. Prevede la parziale irrilevanza fiscale delle plusvalenze relative alle cessioni di partecipazioni che presentano determinati requisiti, indipendentemente dalla presenza di uno specifico rapporto di controllo o di collegamento della partecipata. Infatti, qualora vengano rispettati questi determinati requisiti, si può ottenere una considerevole detassazione sull’eventuale plusvalenza generata dalla cessione di quote o azioni, ma anche sulle quote di utile incassate dalla holding relative alle sue società controllate. Le plusvalenze, per essere esentate secondo il regime della Participation exemption, devono essere state realizzate mediante cessione a titolo oneroso, assegnazione ai soci o comunque destinate a finalità estranee all’esercizio di impresa. La società partecipata, affinché la holding possa godere dell’esenzione, non deve essere fiscalmente residente in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata e deve esercitare effettivamente un’attività commerciale.
Ricorrendo a tale regime, si può pagare l’IRES che compete alla holding soltanto sul 5% dell’utile proveniente dalle sue controllate, permettendo la detassazione dell’eventuale plusvalenza generata dalla cessione di partecipazioni. Ma l’esenzione del 95% è possibile purché la società controllata non sia residente in un Paese a fiscalità privilegiata, cioè non fiscalmente residente in un Paese tra i famosi paradisi fiscali, ovvero tra l’elenco di nazioni che figurano in una black-list, perché prevedono regimi di tassazione eccessivamente favorevoli per i redditi prodotti all’estero. L’esenzione delle plusvalenze realizzate, comunque, spetta solo in occasione della cessione delle partecipazioni che rispondano a questi requisiti:
- ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione;
- classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
- residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato;
- esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale.
Mentre i primi due requisiti possono definirsi soggettivi, in quanto vanno verificati in capo al partecipante, gli ultimi due possono essere qualificati come oggettivi, in quanto attengono a caratteristiche proprie della società partecipata.
ll consolidato fiscale nazionale è un particolare regime di tassazione opzionale, disciplinato dagli articoli da 117 a 129 del DPR n. 917/86, che permette di riunire la tassazione delle società controllate con quella della società madre. Le società o gli enti controllanti che detengano oltre il 50% del capitale e dei diritti di voto delle società controllate, possono determinare un’unica base imponibile per l’intero gruppo di imprese, includendovi i redditi prodotti dalle controllate stesse, in misura corrispondente alla somma algebrica degli
imponibili di ciascuna società che vi partecipa, a seguito di una specifica opzione facoltativa, indipendentemente dalla misura della partecipazione. A prescindere dall’obbligo civilistico di redigere il bilancio consolidato, diventa possibile versare in unico importo ed in modo unitario l’IRES di competenza per le società aderenti al consolidato fiscale, così da ottimizzare la gestione finanziaria della holding ed avvalersi anche della disciplina dell’IVA di gruppo. Con l’introduzione di tale istituto, viene riconosciuta nel nostro ordinamento, anche ai fini delle imposte sul reddito, la realtà economica dei gruppi di imprese, per “rendere il sistema tributario italiano omogeneo a quelli più efficienti in essere nei Paesi membri dell’Unione Europea”, come riportato nella relazione al decreto.
L’ammissione al regime del consolidato fiscale avviene attraverso un’opzione da esercitarsi in dichiarazione dei redditi e che deve essere effettuata congiuntamente dal soggetto controllante e da ognuna delle società controllate che intendano aderire alla tassazione di gruppo.
L’adesione al regime del consolidato fiscale porta con se una serie di vantaggi legati alle caratteristiche di questo particolare regime.
È permesso, infatti, che i dividendi distribuiti tra i soggetti che partecipano al consolidato fiscale vengano completamente esclusi dal concorso alla formazione del reddito complessivo del gruppo. Pertanto alle società partecipanti al consolidato non si applica l’ordinario regime di tassazione dei dividendi, nei limiti del 5% del loro ammontare (articolo 89, comma 2, del DPR n. 917/86). Inoltre è prevista la possibilità di compensare crediti e debiti d’imposta tra le diverse società comprese nel “perimetro di consolidamento“. Anche le perdite fiscali individuali, conseguite durante il periodo di vigenza del consolidato, sono computate nella determinazione del risultato consolidato. Naturalmente, però, le perdite ante adesione al consolidato possono essere utilizzate solo dai soggetti che le hanno prodotte, mentre gli obblighi di versamento a saldo ed in acconto competono esclusivamente alla consolidante, secondo le regole ordinarie.
L’adesione al regime consolidato è irrevocabile per tre esercizi sociali e la consolidata deve eleggere obbligatoriamente il domicilio presso quello della consolidante, fino al termine del regime di consolidamento.
I finanziamenti infragruppo, come detto, rappresentano un altro vantaggio della costituzione di holding. I finanziamenti infragruppo sono tipologie di prestito che la società capogruppo o le controllate elargiscono ad altre società sottoposte ad una direzione unitaria. Infatti, purché si tratti di società a partecipazione diretta, le varie società controllate dalla holding possono sfruttare i finanziamenti infragruppo, avvalendosi dell’esenzione dall’applicazione della ritenuta sugli interessi attivi. In pratica, direttamente dalla capogruppo o tramite essa, vengono effettuati dei trasferimenti di risorse finanziarie a titolo di finanziamento: dei veri e propri prestiti che una società appartenente al gruppo elargisce a un’altra del suo stesso gruppo. Tale operazione, vista la natura dei soggetti protagonisti, risulta chiaramente differente da un qualsiasi altro prestito che un privato o una azienda potrebbe chiedere ad un qualsiasi istituto di credito o compagnia di prestiti. Eppure, nonostante le aziende che operano in questo processo di prestito finanziario infragruppo facciano parte di una medesima organizzazione, potremmo dire che “non esistono sconti”. Un’azienda che si trovi a dover erogare un prestito finanziario a favore di un’altra azienda, cosiddetta “sorella” o “nipote”, dopo aver erogato il finanziamento a questa, inizierà a calcolare il tasso di interesse. Cosicché, il prestito finanziario si potrà considerare estinto solo quando la società in debito avrà onorato, non soltanto la somma di denaro stabilita con l’intero finanziamento, ma anche tutto il valore relativo al tasso di interesse accumulato nel tempo.
L’esenzione dall’applicazione della ritenuta sugli interessi attivi è molto conveniente, se si pensa, ad esempio, che in caso di interessi per finanziamenti dai soci, si opera una ritenuta fiscale del 26%. Tale esenzione intende avere una finalità decisamente agevolativa, al fine di ampliare la gamma dei canali fruibili per l’ottenimento del credito.
Va comunque precisato che tale vantaggio è valido solo tra Paesi UE, perciò sia interessi che canoni, se corrisposti ad una società dello stesso gruppo, ma residente in un altro Stato dell’Unione europea, sono esentati dalla ritenuta alla fonte in misura non inferiore al 25%. Ovviamente, fra chi effettua il pagamento e chi
lo riceve deve sussistere una partecipazione diretta o entrambi devono essere controllati da una terza società. Discorso analogo è valido per l’imposta di registro che, valutata con percentuale al 3 %, quando si tratta di prestiti finanziari infragruppo, viene versata tramite una imposta prestabilita e non proporzionale al prestito emesso.
Inoltre, alla società madre è permesso accentrare tutti i dividendi provenienti dalle società figlie. Questa è un’occasione non da poco poiché, grazie alla PEX, l’imposta prevista sugli utili può arrivare fino ad un’aliquota ridotta al 5%, o addirittura alla completa detassazione in particolari situazioni. Accentrare i dividendi è un vantaggio enorme perché permette alla holding di divenire la vera e propria cassaforte del gruppo e decidere se reinvestire la liquidità incassata nelle società figlie o distribuirla, in qualche modo, ai soci.
Da un punto di vista gestorio, una holding permette di raggruppare e consolidare la proprietà del gruppo. Questo fa sì che eventuali dissidi vengano risolti con maggior facilità, dato che una possibile cessione delle quote può essere gestita bene e semplicemente senza danneggiare il business. Tale vantaggio viene avvertito soprattutto in imprese partecipate da più famiglie, dove sorgono più facilmente e frequentemente divergenze e liti. Infatti, attraverso l’ottimale costituzione di una holding, è possibile evitare o limitare gli effetti sulle società di eventuali litigi o dissidi tra i soci. Specialmente nelle imprese partecipate da più gruppi familiari, le cessioni di quote o altri passaggi possono essere gestiti senza interferire direttamente sul business.
La costituzione di una holding può favorire anche il passaggio generazionale. Infatti, non sempre i figli sono in grado di gestire con successo il patrimonio creato dal padre, per cui la suddivisione delle varie attività di business che prevede una holding ,fa sì che si possano assegnare quote di partecipazioni agli eredi a seconda delle loro reali capacità, con i genitori che possono anche mantenere la gestione strategica del gruppo.
La cosa che salta maggiormente agli occhi quando si parla di ristrutturazione in holding di un business, è che diventa possibile trasferire gli introiti derivanti da società figlie, senza dover versare grosse imposte. Quindi, sono tangibili, in primo luogo, i vantaggi fiscali di un’operazione del genere. Ogni imprenditore dovrebbe sempre considerare questo importante risvolto, senza però dimenticare che la modesta imposizione fiscale sui proventi è assicurata solo in caso di reinvestimento. Se, al contrario, i flussi finanziari venissero distribuiti tra i soci come dividendi, subirebbero una tassazione piena. Una holding, perciò, rappresenta una soluzione conveniente soprattutto quando sia prevista una forte volontà, da parte dell’imprenditore, di reinvestire i capitali. Non a caso la holding è una struttura giuridica che si rivolge principalmente ad aziende di medio e grande livello: la sua efficacia e i suoi vantaggi aumentano progressivamente, quanto più complessa ed articolata sia la sua struttura.
Come la holding sia effettivamente un ottimo strumento di protezione del patrimonio e di risparmio fiscale, è ravvisabile con un semplice esempio: qualora il socio di una S.r.l. volesse acquistare un’abitazione con i dividendi della sua società, dovrebbe comunque pagare le imposte su questi dividendi. Ma se, invece di partecipare come persona fisica alle quote della S.r.l., vi partecipasse come parte di una holding, potrebbe beneficiare della PEX e vedersi quasi detassati i dividendi percepiti. Acquistando l’immobile ed intestandolo non più a se stesso come persona fisica, ma facendolo direttamente confluire nel patrimonio della holding, potrebbe beneficiare di un importante guadagno e godrebbe della possibilità di mettere al riparo l’immobile stesso da eventuali rischi di impresa della società S.r.l..
È sempre importante, però, saper valutare in base al proprio volume d’affari e alla strategia desiderata, per capire se questa soluzione può essere quella vincente.
Per gli aspetti fiscali, invece, la società di capitali sconta di norma l’IRES al 24%. Tuttavia, nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge, è possibile optare per il regime della trasparenza fiscale, con cui è possibile determinare la tassazione in capo ai soci come nelle società di persone. In questo caso la distribuzione di dividendi non comporterà tassazione alcuna. In relazione alla tassazione dei proventi tipici della holding, l’articolo 89 del DPR n. 917/86 esenta al 95% i dividendi provenienti da altre società di capitali residenti o di società estere.
Con un esempio concreto: l’holding Alfa S.r.l. incassa un dividendo dalla sua controllata Beta S.r.l. Il dividendo incassato è pari a 100 euro. Alfa S.r.l. tassa soltanto il 5% del dividendo, ottenendo una tassazione del 24% su 5 euro. In pratica la holding pura tassa i dividendi incassati all’1,2%. Questo tipo di tassazione riguarda tutti i dividendi incassati, le cui partecipazioni rispettano i requisiti PEX. Non vi sono differenze tra dividendi provenienti da società italiane od estere. L’unica eccezione è data dai dividendi incassati da controllate residenti in Paesi a fiscalità privilegiata (c.d. Paesi Black List). In questo caso la tassazione del dividendo è piena (al 100%).
L’utilizzo della holding è fortemente raccomandato nel caso di gruppi a vocazione internazionale. Se sotto forma di società di capitali, si possono applicare le normative comunitarie che agevolano le ristrutturazioni o la tassazione dei flussi di reddito.
Svantaggi
Creare una holding può comunque portare anche una serie di svantaggi, che riguardano principalmente l’aumento dei costi societari ed amministrativi, l’eventuale presentazione di un bilancio consolidato e la maggior burocrazia all’interno del gruppo. Sfruttare una holding significa, ovviamente, aprire una società in più e ogni azienda ha i suoi costi di gestione e la sua burocrazia da gestire.
Ricorrere ad una società di capitali fa venir meno la possibilità di adottare la contabilità semplificata e diventa così obbligatorio depositare il bilancio annuale. Oltre all’aumento degli oneri, diminuisce anche la riservatezza nei confronti dei terzi, che possono richiedere alle Camere di Commercio tutti i documenti dai quali si evinca la situazione patrimoniale e finanziaria della società.
Svantaggi di cui bisogna sicuramente tener conto, ma che devono essere paragonati e messi e confronto con l’innumerevole mole di vantaggi che questa impostazione del business societario può comportare.
F.R.
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