La deducibilità dei costi: casi pratici – Parte 2ª

LA DEDUCIBILITÀ DEI COSTI: LE REGOLE

I costi possono essere interamente deducibili, come nel caso di compensi a terzi oppure di costi relativi a beni strumentali; altri, invece, sono solo parzialmente deducibili, come i beni utilizzati in uso promiscuo, che, cioè, vengono impiegati sia per il lavoro sia nella vita privata.

Il riferimento normativo su cui si fonda la tassazione delle spese dei professionisti è l’articolo 54 del TUIR, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, che in accordo con il DPR 917/86, stabilisce che il reddito del professionista è rappresentato dalla differenza fra i compensi (incluse le partecipazioni agli utili), e le spese sostenute nello stesso periodo d’imposta (seguendo il principio di cassa).
Sono previste, però, alcune eccezioni, e precisamente:

  • il costo dell’ammortamento dei beni strumentali,
  • dei canoni di leasing,
  • delle spese di ristrutturazione immobili,
  • delle quote di TFR,
  • di indennità di cessazione rapporto dei collaboratori coordinati e continuativi.

Per gli altri casi invece fa fede il giorno in cui il pagamento è stato effettuato, sempre considerando che la spesa deve riguardare assolutamente l’attività professionale. Per recuperarla, ovviamente, è sempre necessaria la fattura o la ricevuta fiscale.
Inoltre, sono deducibili completamente le spese per prestazioni di lavoro dipendente ma solo se i “beneficiari” non sono la moglie o il marito e i figli minorenni o inabili al lavoro. Ma se, invece, il coniuge è a partita Iva, tale spesa diventa immediatamente “deducibile”. I costi sostenuti per i beni utilizzati in uso promiscuo sono deducibili solo parzialmente: l’automobile ha una quota di deducibilità pari al 20%, sia per le spese di acquisto sia per quelle di manutenzione. Tale agevolazione si può applicare ad un solo veicolo, oppure nel caso di uno studio associato, a un veicolo per ogni associato. Diverso il caso dei professionisti in regime dei minimi, per i quali i costi sono invece deducibili al 50% (però con il nuovo regime dei minimi, che cambia il sistema di calcolare l’imponibile, questa regola non vale più).

Altri beni in uso promiscuo deducibili:

  • immobili: al 50%;
  • spese telefoniche: all’ 80%;
  • spese di rappresentanza: all’1%;
  • spese per omaggi: interamente deducibili se il valore è fino a 50 euro, mentre se il valore è superiore si considerano spese di rappresentanza, quindi sono deducibili all’1%;
  • convegni, congressi, corsi di aggiornamento: deducibili al 50%;
  • alberghi e ristoranti: deducibili al 75%, per un ammontare che non può superare il 2% dei compensi percepiti.

La Cassazione, attraverso le Sentenze n. 5302 e 5305 del 09.04.2001, riguardanti la possibilità di dedurre o meno le spese, ha confermato l’inefficacia probatoria e perciò l’indeducibilità delle fatture e parcelle con descrizioni troppo generiche, per mancanza di inerenza.
Secondo il principio dell’iscrizione dei costi in bilancio, i costi sono deducibili solo se imputati in conto economico, tuttavia l’Amministrazione Finanziaria ha più volte sottolineato che non sono rilevanti ai fini fiscali le modalità adottate per la compilazione del conto economico, poiché questo può anche non presentare l’analitica indicazione dei costi e dei ricavi ed evidenziare solo risultati lordi. Ma, a causa del divieto di attuare compensazioni di partite, contenuto nel codice civile, in passato alcuni hanno ritenuto che i componenti negativi di reddito, oggetto di compensazione, non fossero deducibili in quanto non imputati. La questione è stata risolta con il D.L. 90/1990, il quale ha chiarito che sono da considerarsi imputati al conto dei profitti e delle perdite i costi annotati nelle scritture contabili, cioè tutti quelli che hanno concorso alla determinazione del risultato netto, indipendentemente dalla loro specifica evidenziazione nel conto dei profitti e delle perdite. Infatti il principio ispiratore di tutte le recenti norme è quello dell’eliminazione in bilancio delle interferenze fiscali.

Anche in questo caso esistono delle eccezioni e infatti sono deducibili i costi:

a) imputati a conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme che dispongono o consentono il rinvio;

b) deducibili per disposizione di legge (anche se non imputati in conto economico).

Le spese e gli oneri specificamente riferiti a i ricavi ed altri proventi che, pur non risultando imputati al conto economico, concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano certi e precisi. I componenti negativi di reddito in oggetto sono rappresentati da:

  • ammortamento con deduzione integrale del costo attribuito (art. 102.5 TUIR);
  • ammortamento beni immateriali eccedenti (art. 103.3, per l’avviamento);
  • ripartizione spese relative a più esercizi (art. 108);
  • spese relative a studi e ricerche di sviluppo (art. 108.1);
  • svalutazioni crediti (art. 106);
  • accantonamenti per lavori ciclici di manutenzione e revisione navi e aeromobili (art. 107.1);
  • oneri per operazioni e concorsi a premio (art. 107.3); sempre che eccedano la misura civilisticamente imputabile.

Sono inoltre deducibili quei costi che, pur non essendo imputati al conto economico:

  • sono deducibili per disposizioni di legge, quali le partecipazione agli utili degli amministratori, dei dipendenti e degli associati in partecipazione con apporto di opere e servizi (artt. 95.5.6 e 109.9);
  • lo sono stati in un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata a norma di legge (art. 109.4);
  • concorrono alla formazione del reddito (es. acquisto merci) se e nella misura in cui risultino da elementi certi e precisi (art. 109.4, in caso d’accertamento);
  • i costi imputati direttamente a patrimonio in applicazione degli IAS (art. 83).

L’onere della prova dei costi per avere la deducibilità

All’Ufficio spetta dare prova dell’esistenza di componenti attivi del maggiore imponibile; al contribuente spetta documentare che i costi esistono e sono inerenti all’attività dell’impresa, come confermato dalla Cassazione, con la Sentenza n. 9894 del 11.10.1997.

L’imputazione dei costi

Il momento d’imputazione dei costi è corrispondente a quanto indicato per i ricavi e cioè:

  • per i beni mobili: alla data di consegna o spedizione, a meno che la data in cui si verifica il passaggio della proprietà non sia diversa e successiva;
  • per i beni immobili: alla data di stipulazione dell’atto notarile, salvo che la data in cui si verifica l’effetto traslativo sia diversa e successiva;
  • per le prestazioni di servizi: alla data di ultimazione (per le parcelle dei professionisti, ad esempio per i legali, il costo è deducibile al termine della prestazione);
  • per gli acquisti di cosa futura: al momento dell’esistenza del bene;
  • per le prestazioni da cui derivano corrispettivi periodici (es. locazioni): alla data di maturazione. Non si tiene conto di eventuali clausole di riserva della proprietà.

Ci sono, poi, alcuni costi che, anche se civilisticamente imputabili per competenza, si deducono fiscalmente per cassa:

  • compenso agli amministratori (art. 95.5);
  • interessi di mora (art. 109.7);
  • imposte e tasse (art. 99.1);
  • contributi alle associazioni sindacali e di categoria (art. 99.3).

La correlazione tra ricavi e costi

La base teorica consiste nel permettere la deducibilità dei costi nell’esercizio che vede il manifestarsi dei rispettivi ricavi, anche nel caso in cui questi saranno sostenuti in esercizi successivi. Ma nei casi pratici, con riferimento alla Norma di Comportamento dei Dottori Commercialisti n. 135/1998, si ravvisano situazioni particolari. Ad esempio, l’alienazione di unità immobiliari costituisce ricavo dell’esercizio nel quale è avvenuto l’atto di trasferimento della proprietà dei beni, indipendentemente dal fatto che tutti i costi attribuibili al bene siano stati già sostenuti o meno. Questi devono essere imputati per la quota attribuibile al bene la cui vendita ha generato il ricavo.

I costi di attività illecite

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 42 del 26.9.2005, in merito alle attività illecite prevede l’imponibilità dei proventi derivanti da attività illecite, a condizione che gli stessi non siano sottoposti a sequestro o confisca e l’indeducibilità dei costi, nell’ipotesi in cui l’attività svolta dal contribuente abbia una connotazione ai fini penali.

Le imprese di nuova costituzione

Per le imprese di nuova costituzione sono deducibili, secondo le previsioni dei rispettivi commi, a partire dall’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi, le spese relative a più esercizi, di cui all’art. 108 del TUIR, – comma 1 (studi e ricerche), – comma 2 (pubblicità, propaganda, rappresentanza), – comma 3 (altre spese relative a più esercizi), – comma 4 (spese di impianto). Civilisticamente la quota va in ogni caso rilevata per competenza, per cui sarebbe corretto rilevare, anche anteriormente ai primi ricavi, il costo di competenza, e poi procedere a variazione in Unico.

I costi di impianto e di ampliamento

Art. 2426 n. 5 del Codice Civile e artt. 108.3 e 108.4 TUIR.
I costi di costituzione, di impianto e di ampliamento (voce bilancio B.I.1) sono oneri che vengono sostenuti in precisi momenti della vita aziendale ed in maniera non ricorrente, come nella fase preoperativa, cioè quella di accrescimento della capacità operativa esistente o di allargamento dell’attività sociale. In questa voce sono comprese le spese relative alla costituzione della società e dell’azienda ed alle modifiche dello statuto, includendo le operazioni straordinarie quali fusione, scissione, trasformazione; le spese di avviamento di impianti di produzioni (non i costi di collaudo e progettazione che vanno invece capitalizzati insieme all’immobilizzazione immateriale), ed i costi di addestramento e qualificazione del personale e degli agenti. Sono costituite da: spese notarili e professionali, imposte e tasse inerenti e conseguenti all’atto, qualsiasi altro costo riferibile all’atto, retribuzioni al personale addetto, materie prime e di consumo utilizzate, energia elettrica, consulenze esterne e simili.
La loro iscrivibilità deve essere verificata per ogni componente di costo, perché diversi saranno i criteri in base ai quali si potrà giungere a dimostrarne la reale utilità futura. Ad esempio, secondo il Principio contabile n. 24, i costi per la costituzione di una rete commerciale saranno capitalizzabili se ci saranno aspettative di vendita correlate. Per il Codice Civile saranno deducibili per la quota imputabile a ciascun esercizio, comunque entro 5 anni (con la possibilità di utilizzare quote anche variabili). Per il Fisco sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio, in base al codice civile (art. 108.3). Se non capitalizzabili, per effetto dei principi contabili internazionali, sono fiscalmente deducibili in quote costanti nello stesso anno e nei successivi ma non oltre il quarto (vedi C.T.P. di Milano 22.11.1999; Cassazione n. 377 dep. 11.01.2006). L’ammortamento è deducibile dall’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi (art. 108.4). Finché permangono in bilancio è consentito distribuire dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprirli. Per la capitalizzazione occorre il consenso del Collegio sindacale. I costi dei professionisti sono civilisticamente deducibili nell’esercizio in cui sono stati utilizzati, al fine di conseguire i ricavi, che coincide normalmente con l’esercizio in cui le prestazioni sono rese. Fiscalmente occorre fare riferimento al principio di competenza temporale mancando la correlazione costi-ricavi; il periodo di competenza coincide con quello in cui le prestazioni sono ultimate, a nulla rilevando il pagamento. Non è possibile, quindi, dedurre un costo professionale oltre detto periodo, non essendo fiscalmente ammessa la deduzione di un costo in un esercizio successivo a quello di competenza, salvo il caso di mancanza dei requisiti di certezza e/o determinabilità (Cassazione 02.05.1997 n. 3809).

I fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio (OIC 29)

I fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio sono quei fatti, sia positivi, sia negativi, che avvengono tra la data di chiusura e la data di formazione del bilancio. Se ne possono identificare due tipologie:

A) Fatti successivi che devono essere recepiti in bilancio, quelli che evidenziano condizioni che esistevano già alla data di riferimento del bilancio, ma che si manifestano solo dopo la chiusura dell’esercizio e che richiedono modifiche ai valori delle attività e passività in bilancio. Alcuni esempi di questi fatti:

  • il deterioramento della situazione finanziaria di un debitore, confermata dal fallimento dello stesso;
  • la definizione di una causa legale per un importo diverso da quello prevedibile in chiusura;
  • la vendita di prodotti giacenti a magazzino ad un prezzo inferiore alla valutazione;
  • la determinazione, dopo la chiusura dell’esercizio, di un premio da corrispondere a dipendenti per prestazioni relative all’esercizio chiuso;
  • la scoperta di un errore o di una frode. Nel caso in cui il loro effetto (importo) non sia determinabile occorre darne comunicazione in Nota Integrativa.

B) Fatti successivi che non devono essere recepiti in bilancio, quelli che modificano condizioni esistenti alla data di riferimento del bilancio e che sono di importanza tale che la loro mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità dei destinatari dell’informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere decisioni appropriate. Alcuni esempi di questi fatti:

  • la diminuzione del valore di mercato di taluni titoli o merci in periodo successivo alla chiusura dell’esercizio, per condizioni di mercato intervenute dopo la chiusura;
  • la distruzione di impianti, macchinari o merci causata da calamità;
  • le perdite derivanti da variazioni nei cambi (Oic 1);
  • i significativi contenziosi sorti dopo la chiusura dell’esercizio (contrattuali, legali o fiscali);
  • le fluttuazioni anomale dei valori di mercato;
  • gli acquisti o cessioni di aziende o rami aziendali;
  • le operazioni di natura straordinaria deliberate dopo la chiusura dell’esercizio.

Non riflettendosi nei dati di bilancio dovranno essere adeguatamente illustrati nella Nota Integrativa.

Il termine temporale

Nella generalità dei casi, il termine entro il quale il fatto si deve verificare, affinché se ne debba tener conto, è individuato con la data di redazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori. Tuttavia, qualora tra la data di formazione del bilancio e la data di approvazione da parte dell’assemblea si verificassero eventi tali da pregiudicare l’attendibilità del bilancio nel suo complesso, gli amministratori dovranno opportunamente modificare il progetto di bilancio. Per i costi sostenuti negli esercizi successivi a quello in cui si è manifestato il ricavo, la Norma di comportamento dei dottori Commercialisti n. 135/1998, precisa che, nell’esercizio di conseguimento dei ricavi, devono essere accertati i costi, ancorché non sostenuti, per la quota attribuibile al bene la cui alienazione ha dato origine al ricavo. I ricavi trascinano la competenza dei costi purché questi abbiano i requisiti:

  • della certezza della loro esistenza (gli obblighi assunti nell’atto di vendita);
  • della determinabilità obiettiva dell’ammontare (contratti di appalto già stipulati con terzi o analisi dei costi da sostenere).

Le operazioni con l’estero

Anche le operazioni con l’estero sono soggette a limiti di deducibilità dei costi (art. 110 TUIR). I costi derivanti da operazioni con società che non sono residenti in Italia ma in Paesi UE o extra UE e che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, oppure ne sono controllate, hanno una valutazione a valore normale. Infatti, (art. 110.7) se ne deriva in ogni caso un aumento di reddito, sono considerati in base al valore normale dei beni o dei servizi (art. 9.3), determinato al prezzo mediamente praticato per beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza (transfer pricing). Se, invece, ne deriva una riduzione del reddito, bisogna considerare se ci sono accordi internazionali con il relativo Stato estero (art. 110.10). Questo articolo è stato poi modificato dalla legge 24/12/2007 n. 244, a decorrere dal periodo d’imposta 2008. È stata, infatti, stabilita la creazione di una lista di Paesi (white list) per i quali le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese ivi residenti si sottraggono ai limiti di indeducibilità. A tutt’oggi, però, la citata lista non è stata ancora emanata, e pertanto occorre fare riferimento alla precedente norma, come di seguito:

“Non sono ammesse in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese: – domiciliate fiscalmente in Paesi a regime fiscale privilegiato, fuori UE (livello di tassazione sensibilmente inferiore, mancanza di adeguato scambio di informazioni; Paesi individuati da D.M. 23.01.2002), – prescindendo totalmente dall’esistenza di qualsiasi legame di controllo. La R.M. 12/E del 12.02.2005 ha esaminato il caso di impresa italiana (commissionaria) che distribuisce prodotti di un’impresa a regime fiscale privilegiato (committente) e percepisce provvigioni, concludendo che la normativa anti-paradisi si applica all’impresa commissionaria italiana e non ai distributori finali in quanto è quest’ultima, in virtù del tipo di contratto stipulato, ad intrattenere rapporti con il committente non residente”. Secondo l’art. 110.11 si può disapplicare la norma antielusiva di indeducibilità dell’art. 110.10, dimostrando:

  • che l’impresa estera svolge prevalentemente una attività commerciale effettiva;
  • o che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta attuazione.

Le spese e gli altri componenti negativi di reddito devono essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi; a tal fine nel quadro RF sono stati inseriti due righi:

  • variazioni in aumento per l’intero ammontare delle spese per operazioni con fornitori esteri “privilegiati”; –
  • variazioni in diminuzione la parte di spese deducibili.

L’omessa separata indicazione è soggetta ad una sanzione pari al 10% dell’importo complessivo non indicato (minimo € 500, massimo € 50.000). La sanzione potrà essere ridotta in caso di ravvedimento operoso. L’Amministrazione Finanziaria, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento, deve notificare l’apposito avviso con il quale viene concessa la possibilità di fornire, entro 90 giorni, le prove indicate. L’art. 110.12 stabilisce che l’indeducibilità di cui ai commi 110.10 e 110.11, non si attua se risulta applicata la disciplina Cfc (artt. 167/168). Secondo l’art. 110.12-bis, le disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano anche alle prestazioni di servizi rese da imprese o da professionisti domiciliati in Stati o territori non appartenenti all’Ue e aventi regimi fiscali privilegiati. Per le imprese estere controllate (Cfc art. 167), se un residente detiene, direttamente o indirettamente, il controllo (di diritto, di fatto o dominante) di una impresa localizzata in un territorio con regime fiscale privilegiato, i redditi da questa conseguiti sono imputati ai soggetti residenti per trasparenza, in proporzione alla partecipazione detenuta, con riferimento al giorno di chiusura dell’esercizio della partecipata e al netto degli utili già incassati (tassati per cassa). Per le imprese estere collegate (art. 168), se un residente detiene, direttamente o indirettamente, una partecipazione non inferiore al 20% (o al 10% se quotata) degli utili di una impresa localizzata in un territorio con regime fiscale privilegiato, è imputato ai soggetti residenti il maggiore tra l’utile della partecipata estera e un reddito determinato induttivamente.

F.R.

Posted on 10 Agosto 2021 in Outsourcing

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